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E se Kaos avesse avuto una seconda stagione? Cosa avremmo visto nella Stagione 2 della serie Netflix

Premessa: la cancellazione che non ci aspettavamo

Il 27 aprile 2024, a meno di un anno dal lancio della prima stagione, Netflix annunciava ufficialmente che Kaos, la serie mitologica creata da Charlie Covell, non avrebbe avuto una seconda stagione. Una notizia accolta con stupore e delusione da molti fan, soprattutto perché la serie era stata concepita come una narrazione in più atti: un moderno racconto degli dèi greci, diviso tra ironia, critica sociale e simbolismo mitologico.

Nonostante l’ottimo cast (Jeff Goldblum nei panni di Zeus), una visione originale del pantheon greco e un’ambientazione distopica piena di spunti, la serie non ha raggiunto i numeri sperati da Netflix, che ha deciso di non proseguire. Il risultato? Una trama rimasta in sospeso, con molte linee narrative interrotte proprio mentre cominciavano a decollare.

Ma cosa sarebbe potuto accadere se Kaos avesse avuto la sua seconda stagione? Cosa avremmo potuto scoprire sul destino degli dèi e degli umani in questo universo mitologico postmoderno?



Una premessa ambiziosa: il mondo (rotto) degli dèi

Per chi non ha ancora visto la serie, Kaos presenta un Olimpo in crisi: Zeus è paranoico e ossessionato da un presunto tradimento; Era è una regina trascurata e inquieta; Ade è stanco della burocrazia degli Inferi; Poseidone è diventato un magnate disilluso. Il mondo degli dèi, più che sacro, è decadente e grottesco.

Nel frattempo, sulla Terra, tre giovani “prescelti” – Riddy, Caneus e Orpheus – scoprono di avere un destino intrecciato con quello degli dèi, in una narrazione che mescola mitologia greca, cultura pop e critica al potere. Tutto è in movimento: i cicli cosmici stanno cambiando, e un nuovo equilibrio sembra possibile.

Ma proprio quando la serie si avvicina al cuore del conflitto – la caduta del vecchio ordine – arriva lo stop.



Cosa avrebbe potuto raccontare la seconda stagione?


Il crollo di Zeus: apocalisse o rinascita?

La prima stagione ci lascia con un Zeus sempre più paranoico, incapace di fidarsi anche dei suoi alleati. La seconda stagione avrebbe potuto mostrare la sua definitiva caduta: un titano del potere reso fragile dalle sue stesse ossessioni.

Una domanda centrale: chi avrebbe preso il suo posto? Riddy, la giovane ribelle con il marchio degli dèi, sembra la candidata perfetta per guidare una nuova era. Ma il potere si eredita o si conquista?

Probabilmente, Kaos 2 avrebbe esplorato una lotta cosmica per la successione, con il rischio che il nuovo ordine somigli fin troppo al vecchio. Una riflessione amara, ma attualissima.


L’umanità e il libero arbitrio

Una delle tematiche più interessanti della prima stagione è il destino degli umani in un mondo ancora dominato da divinità capricciose. I protagonisti umani sono in cerca di identità, di verità, ma soprattutto di libertà.

La seconda stagione avrebbe potuto sviluppare una vera ribellione umana contro gli dèi. Non una guerra in stile Marvel, ma una rivoluzione interiore: l’affermazione del libero arbitrio, la nascita di un pensiero laico e autonomo. Avremmo forse assistito alla fondazione di una “polis” umana sganciata dall’influenza divina?


I nuovi dèi: da archetipi a simboli contemporanei

Un’altra strada promettente era l’evoluzione degli dèi stessi. Se la prima stagione mostrava quanto fossero umani nelle loro debolezze, la seconda avrebbe potuto affrontare una metamorfosi simbolica: dèi che cambiano forma, funzione e significato in base alle trasformazioni della società.

Era, ad esempio, avrebbe potuto incarnare un nuovo femminismo post-divino; Ade, stanco della morte, forse sarebbe diventato il dio della memoria o del trauma; Dioniso, solo accennato, poteva esplodere come archetipo della libertà queer e del disordine creativo.

In breve, la seconda stagione avrebbe potuto trasformare il pantheon in un ecosistema fluido, specchio delle ansie e dei desideri del mondo moderno.


Il ritorno dei Titani: la vera minaccia?

Nella mitologia greca, gli dèi dell’Olimpo avevano soppiantato i Titani. Ma cosa sarebbe successo se questi antichi esseri fossero tornati? Kaos aveva già accennato a un passato mitico sepolto, forse pronto a riemergere.

La seconda stagione avrebbe potuto introdurre una minaccia “primordiale”: forze naturali, caotiche, incompatibili con la civiltà. Un simbolismo potente per parlare dei pericoli che minacciano il mondo contemporaneo: cambiamenti climatici, disastri ecologici, crollo dei sistemi.

In questa chiave, Kaos poteva diventare un racconto apocalittico e visionario, dove gli dèi sono solo l’antipasto del vero caos.



Un’occasione mancata?

Certo, Kaos non era perfetto. Alcuni spettatori hanno trovato la narrazione eccessivamente frammentata, i toni discontinui, i dialoghi a volte forzati. Ma la serie aveva una voce unica, capace di parlare di miti antichi con ironia e profondità, di connettere Omero a Black Mirror, Eschilo a Tarantino.

La cancellazione della seconda stagione ha lasciato non solo un vuoto narrativo, ma anche una domanda sospesa: che ruolo hanno ancora gli dèi – e i miti – nel nostro immaginario collettivo?

Forse Kaos non ha avuto il tempo di rispondere. Ma la sua esistenza, breve e incompleta, ci ha ricordato che il mito è ancora un linguaggio vivo, e che anche un prodotto pop può essere una forma di riflessione culturale.



Il mito continua (altrove)

E se Kaos avesse avuto una seconda stagione? Forse avremmo assistito alla fine del mondo. O forse all’inizio di uno nuovo.

Ma anche senza sequel, la serie ha lasciato un’eredità: l’idea che gli dèi non siano mai davvero morti. Cambiano solo volto, medium, piattaforma.

Oggi non parlano più dagli oracoli, ma dagli schermi. E se ascoltiamo bene, tra un algoritmo e un plot twist, possiamo ancora sentirli raccontarci chi siamo.

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