Inception e il Mito della Caverna: quando Nolan incontrò Platone
- Edoardo Poveromo
- 5 giorni fa
- Tempo di lettura: 2 min
Quando Christopher Nolan ha realizzato Inception (2010), non ha solo costruito un thriller psicologico con effetti speciali mozzafiato: ha anche messo in scena un’idea che affascina l’umanità da millenni. Che cos’è reale? E se ciò che crediamo vero fosse solo un’illusione?
Queste domande sono al centro della filosofia di Platone, e in particolare del suo mito della caverna, raccontato nel Libro VII della Repubblica. Nolan non lo cita esplicitamente, ma le somiglianze sono profonde e suggestive.
Il mito della caverna in breve
Platone immagina degli uomini incatenati fin dalla nascita in una caverna. Non possono girarsi, e vedono solo le ombre proiettate sul muro davanti a loro, causate da oggetti che passano dietro, illuminati da un fuoco. Quelle ombre sono la loro unica realtà.
Solo uno di loro riesce a liberarsi, esce dalla caverna, e scopre la verità: il mondo fuori, illuminato dal sole (il Bene), è ben diverso dalle ombre che credevano reali. Ma quando torna nella caverna per raccontarlo, nessuno gli crede.
Inception: sogni, livelli e verità
In Inception, Dom Cobb (Leonardo DiCaprio) è un “ladro di sogni” che agisce nei livelli profondi dell’inconscio altrui. Ma più il film avanza, più diventa chiaro che anche lui è prigioniero: dei suoi rimpianti, dei ricordi, e forse… del sogno stesso.
La “realtà” di Cobb è fragile. Come gli uomini nella caverna, anche lui vive in uno spazio deformato, dove le percezioni possono ingannare. I totem dei personaggi (come la trottola di Cobb) ricordano la difficoltà di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è solo un’ombra.
Platone, sogno e conoscenza
Platone sosteneva che ciò che vediamo con i sensi è solo una copia imperfetta delle Idee, cioè delle forme pure e perfette che esistono nel mondo dell’intelletto. In Inception, i sogni sono come la realtà sensibile platonica: costruzioni instabili, influenzabili, imperfette.
Solo risalendo verso il “mondo reale” (come salire fuori dalla caverna) si può accedere alla verità. Ma, come nel mito platonico, anche Nolan ci lascia il dubbio: Cobb è davvero tornato alla realtà? O è rimasto prigioniero del sogno?
La trottola non cade mai del tutto. Come le ombre nella caverna, anche Inception lascia aperta la questione: cosa possiamo davvero sapere?
Inception come esperienza filosofica
Più che dare risposte, Inception ci fa vivere il dubbio filosofico. Come Platone, Nolan ci invita a diffidare delle apparenze, a interrogarci su ciò che riteniamo certo. L’architettura dei sogni nel film è metafora della costruzione mentale della realtà: ogni livello onirico è come un’illusione dentro un’altra.
E come nel pensiero greco, anche in Inception la conoscenza vera richiede un viaggio difficile: scendere negli abissi della mente per poter risalire, più lucidi, più consapevoli.
Un’eredità antica per un film moderno
Il legame tra Inception e Platone dimostra come il cinema possa essere una forma di filosofia visiva. Nolan, come Platone, non si limita a raccontare una storia: costruisce un mondo dove ogni spettatore è chiamato a riflettere sul proprio rapporto con la realtà.
E così, tra trottole che girano e caverne platoniche, Inception si rivela un film profondamente greco: non tanto per l’estetica, ma per lo spirito critico, per il dubbio, per la tensione tra ciò che appare e ciò che è.