Prima della Terra di Mezzo c'era Omero: dalle rive dell’Egeo alle pendici del Monte Fato
- Pierluigi Cuccitto
- 30 apr
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Il 2 Dicembre 1953, in una lettera a padre Robert Murray, J.R.R Tolkien scrisse:
“Sono stato cresciuto con i Classici, e ho scoperto per la prima volta la sensazione del piacere letterario con Omero”.
Questo è un aspetto di Tolkien che si sottolinea sempre troppo poco, forse perché è più comodo incasellare l’autore in una sola nicchia, nel suo caso il mondo “norreno”. Ma questo è un errore, perché senza la profonda consapevolezza che Tolkien derivi il suo piacere letterario da Omero non si riesce del tutto a cogliere la sua grande capacità di creare realtà in cui convivono epica e tragedia, commedia e dramma.
Il rapporto coi Classici, in lui, è fecondo, e su questi lidi lo abbiamo visto spesso, attraverso le ispirazioni classiche di alcune sue storie. Ma quello che vorrei affrontare oggi è un aspetto ancora meno analizzato: cioè quanto il mondo classico abbia contato nella formazione di Tolkien.
Se si va a leggere il volume Tolkien’s Library di Oronzo Cilli, che ci mostra quali libri Tolkien leggesse e possedesse, vediamo molti volumi di Classici greci e latini posseduti da Tolkien mentre andava a scuola Birmingham e all’Università a Oxford: da Euripide a Eschilo, arrivando a Omero, ovviamente, ma anche autori particolarissimi come Ditti Cretese e Darete Frigio, autore di versioni “scomode” e “non epiche” della guerra di Troia e del ciclo Omerico. Questo dimostra una curiosità notevole in Tolkien e soprattutto una forte “alimentazione Classica” che lo hanno permeato, inconsciamente o no, nella sua futura creazione artistica.