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Apotheon: il gioiello videoludico per gli appassionati di Antica Grecia con lo stile delle pitture vascolari

Nel 2015, lo studio indipendente canadese Alientrap rilasciava Apotheon, un videogioco d’azione bidimensionale per PlayStation 4 e PC. All’apparenza un titolo di nicchia, Apotheon è in realtà un piccolo capolavoro stilistico e narrativo, che unisce l’estetica dell’arte greca arcaica a una riflessione potente sul mito, la divinità e la condizione umana. Ma che cos’ha di così speciale? La risposta sta nel suo profondo legame con il mondo ellenico.



Un’estetica “da vaso greco”

La prima cosa che colpisce in Apotheon è la sua direzione artistica. Il gioco sembra letteralmente dipinto su una kylix o un’anfora attica: le figure nere si stagliano su sfondi ocra, i bordi sono decorati con motivi geometrici, e ogni movimento pare scolpito nel tempo.

Non si tratta solo di un omaggio estetico. Lo stile del gioco si ispira direttamente alla ceramica a figure nere del VI secolo a.C., una tecnica che i greci utilizzavano per raccontare storie mitologiche su oggetti di uso quotidiano. In Apotheon, quell’arte si anima, trasformando le scene statiche dei vasi in un racconto dinamico e interattivo. Giocare a Apotheon è, in un certo senso, entrare dentro il mito, muoversi tra le immagini che un tempo ornavano i templi e le case degli antichi greci.



La trama: una nuova titanomachia

Il protagonista, Nikandreos, è un semplice mortale chiamato a combattere gli dèi dell’Olimpo dopo che questi hanno abbandonato l’umanità al proprio destino. L’incipit riecheggia temi classici: il conflitto tra uomini e dèi, la ribellione contro l’ordine divino, la fragilità e il coraggio umani.

Nel gioco, Nikandreos attraversa il monte Olimpo, sfida divinità come Ares, Artemide, Demetra, Apollo, fino ad affrontare Zeus stesso. Questa scalata, tanto fisica quanto simbolica, ricorda l’ascesa dell’eroe tragico greco: l’uomo che osa sfidare il divino, rischiando la hybris, la tracotanza, ma anche cercando una forma di giustizia.

Non è un caso che il titolo del gioco, Apotheon, significhi “colui che viene divinizzato”. Nikandreos, nel suo cammino, ricalca il percorso di un Eracle, di un Perseo, di un Ulisse: l’eroe che si eleva al di sopra della sua natura mortale per conquistare un posto tra gli dèi.



Un Olimpo narrativo

Ogni dio che Nikandreos affronta nel gioco è collocato in un ambiente che riflette la sua natura mitologica. Ares, dio della guerra, è circondato da campi di battaglia e sangue; Artemide, dea della caccia, vive in una foresta selvaggia piena di bestie mitologiche; Apollo si trova in un palazzo dorato dominato dalla musica e dalla luce.

Questa scelta ambientale non è solo scenografia: è narrazione implicita. Il mondo di gioco è costruito come una polisemia visuale, dove ogni dettaglio comunica informazioni mitologiche e simboliche. Il giocatore, esplorando l’Olimpo, impara la mitologia greca non solo leggendola, ma vivendola.

La narrazione è densa di riferimenti letterari. I dialoghi e i testi sparsi nel gioco richiamano fonti antiche: Omero, Esiodo, i tragici. In Apotheon, non si combatte solo per sopravvivere: si combatte per riscrivere una cosmologia, per porre fine a un’era mitica, per fondare — forse — una nuova umanità.



Religione, mito e morale

Uno degli aspetti più interessanti del gioco è il modo in cui mette in discussione la moralità degli dèi. Come in molte versioni del mito greco (si pensi alle tragedie di Euripide o alla Teogonia di Esiodo), le divinità dell’Olimpo non sono modelli etici assoluti. Sono potenti, ma anche vendicativi, impulsivi, egoisti. In Apotheon, il loro abbandono dell’umanità diventa il motore narrativo della crisi.

Nikandreos non è un ribelle per sete di potere, ma per necessità. Il suo viaggio non è solo un percorso fisico, ma anche un cammino etico: deve capire chi merita il potere, chi è degno di guidare il mondo. In questo, il gioco tocca un tema centrale della filosofia greca: il rapporto tra potere e giustizia.

Platone, nel Repubblica, si chiedeva se un tiranno potesse mai essere giusto. Apotheon non dà risposte semplici, ma costringe il giocatore a riflettere su cosa significa “divino”, chi merita di governare, e se la disobbedienza può essere giustificata quando gli dèi tradiscono il loro ruolo.



Un gameplay mitico

Dal punto di vista del gameplay, Apotheon è un metroidvania: un gioco di esplorazione e progressione, in cui il giocatore sblocca nuove abilità e territori man mano che avanza. Il combattimento è centrato su armi classiche — spade, lance, archi, scudi — e ogni arma si deteriora col tempo, costringendo il giocatore a cercare costantemente nuove risorse.

Questa scelta meccanica riflette un’idea molto greca: la precarietà dell’equilibrio, l’impermanenza delle cose. Nulla è eterno, neanche le armi degli eroi.

Il gioco include anche una modalità multiplayer in arena, in cui i giocatori possono sfidarsi come se fossero gladiatori in un’arena mitica — altro riferimento al mondo antico, questa volta più romano, ma coerente con l’estetica e l’atmosfera del gioco.



Perché giocare Apotheon oggi?

In un panorama videoludico spesso dominato da titoli realistici o fantasy generici, Apotheon spicca per la sua coerenza artistica, culturale e narrativa. È un gioco che non si limita a intrattenere, ma che insegna, stimola, provoca. È un’opera che riesce a fondere l’epica classica con il linguaggio del videogioco moderno, dimostrando che i miti greci non sono solo oggetti da museo, ma narrazioni ancora vive, potenti, e — sorprendentemente — giocabili.

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di Armando Di Bucchianico.

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