

Risultati di Ricerca
101 risultati trovati con una ricerca vuota
- HERCULES: tra Mito e Animazione
PREFAZIONE ALL'ARTICOLO 16 ottobre 1923: un giovanissimo Walt Disney fonda ufficialmente quello che oggi è l'impero costituito dalla Walt Disney Company e tutte le sue molteplici divisioni e sottodivisioni. 16 ottobre 2023. Sono passati 100 anni; non sono molte le case cinematografiche e (in generale) le aziende che oggi possono vantare un secolo di vita. E se Topolino è sopravvissuto fino ad oggi, bisogna avere la consapevolezza che è entrato nella storia dell'intrattenimento e che, probabilmente, non scomparirà mai più. Tra cento, mille o addirittura diecimila anni, probabilmente, se esisterà ancora l'umanità, indipendentemente dal contesto, si citerà ancora quanto fatto da Walt e dalla sua azienda. E dunque, essendo neosellen un sito dedicato alla storia greca, abbiamo deciso anche noi di prendere parte ai festeggiamenti di questo giorno speciale, tramite uno dei più evidenti e noti punti d'incontro tra il mondo dell'animazione Disney e quello della cultura greca classica: Hercules.
- BRITISH MUSEUM: la nuova esposizione tra Atleti ed Eroi
Gli antichi greci sono ben noti per il loro spirito competitivo, sia nel campo della politica, dello sport, del teatro, della guerra, della competizione civica o sociale. Mentre queste attività a volte portavano a conflitti, la concorrenza generava anche una cultura prospera e un prezioso scambio di idee. La nuova esposizione al British Museum (che si concluderà il 24 febbraio 2024) si occupa proprio di combinare questi campi ad argomanti come come storia, arte e design, alfabetizzazione, dramma, democrazia e cittadinanza. A questo link , la pagina ufficiale del British Museum dedicata ad essa.
- Dante, Ulisse e la Hybris: Quando l’Audacia Sfida gli Dei
“Fa tti non foste a viver come bruti, ma p er seguir virtute e canoscenza.” Chiunque abbia affrontato la Divina Commedia almeno una volta, riconosce questi versi. Sono tra i più celebri dell’opera dantesca e vengono pronunciati da Ulisse nel Canto XXVI dell’ Inferno , all’interno della bolgia dei consiglieri fraudolenti. Ma dietro quella frase, apparentemente nobile e motivante, si nasconde un concetto antico, profondo e inquietante: la ὕβϱις , la hybris greca. Hybris: la tracotanza che sfida il divino Il termine hybris , difficile da tradurre in italiano in modo esaustivo, si avvicina a parole come tracotanza, arroganza, insolenza . Ma nella cultura greca antica era molto più di questo: rappresentava una colpa morale , un atteggiamento di eccessiva sicurezza e presunzione , spesso accompagnata dal desiderio di oltrepassare i limiti imposti dagli dèi o dal destino. Secondo la tradizione, la hybris non restava mai impunita: era seguita inesorabilmente dalla némesis , la giusta punizione divina. La Treccani ce lo conferma: la hybris è la prevaricazione dell’uomo che, inebriato dalla propria forza, sopravvaluta sé stesso e infrange le leggi divine. È un peccato contro l’ordine cosmico. Non è una semplice disobbedienza, ma una sfida aperta alle regole del mondo. Ulisse: eroe o colpevole? Nella versione omerica dell’ Odissea , Odisseo (nome greco di Ulisse) è l’eroe dell’intelligenza, dell’astuzia, della resilienza. Combatte, viaggia, sbaglia, ma alla fine riesce a tornare a Itaca. Il suo è un viaggio dettato dal destino, pur segnato da errori e disobbedienze. Dante, però, riscrive il mito , lo rielabora in chiave cristiana e filosofica. Il suo Ulisse non torna mai a casa . Anzi, compie un ultimo viaggio oltre ogni confine, oltre le Colonne d’Ercole , il limite del mondo conosciuto, il confine posto dagli dèi tra ciò che è lecito sapere e ciò che non lo è. Un confine, dunque, non solo geografico, ma soprattutto spirituale . Ed è proprio lì che Ulisse pecca di hybris. Non per una colpa carnale, non per inganno, ma per l’insaziabile sete di conoscenza , che lo porta a voler violare l’ordine stabilito. Una sete che Dante ammira, ma che — nel contesto teologico della Commedia — deve essere punita , perché prescinde dalla volontà divina. La tragedia dell’intelligenza senza fede La condanna di Ulisse, che nel poema viene avvolto eternamente in una fiamma insieme a Diomede, non è la semplice punizione per aver viaggiato troppo lontano. È il castigo per aver cercato la verità senza Dio . Per Dante, la conoscenza è un valore altissimo, ma deve essere illuminata dalla grazia divina. Ulisse rappresenta l’uomo che affida tutto alla ragione , dimenticando l’umiltà e il timore del sacro. In questo senso, l’Ulisse dantesco è un monito , non un esempio. Nonostante i suoi versi ispirino coraggio e passione per il sapere, la sua sorte ricorda che la conoscenza senza limiti e senza guida può condurre alla rovina . Non è un caso che Dante collochi il suo viaggio personale — quello nella Commedia — sotto la guida divina di Virgilio e poi di Beatrice , e non sotto la spinta dell’orgoglio personale. Dante stesso e la sua hybris? E qui si apre un paradosso affascinante: Dante, come Ulisse, compie un viaggio oltre ogni confine umano . Attraversa l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso da vivo , cosa che, secondo la tradizione cristiana e classica, non è concessa ai mortali. Questo elemento ha fatto nascere nel tempo alcune interpretazioni ironiche e persino cospirative , secondo cui il poeta stesso avrebbe commesso una forma di hybris, sfidando il volere divino e i limiti imposti alla condizione umana. C’è chi sostiene — ovviamente senza basi storiche — che la morte di Dante, avvenuta poco dopo la conclusione della Commedia, sia stata la “punizione” per questo gesto ardito , proprio come accadde ad Ulisse. Naturalmente, si tratta di una suggestione più poetica che scientifica. Ma è comunque interessante notare come la figura del poeta e quella dell’eroe si sovrappongano , e si riflettano l’una nell’altra, in un gioco speculare di simboli e significati. Ulisse e Prometeo: fratelli nella colpa? Nel nostro blog abbiamo già parlato di Prometeo , un’altra figura mitica condannata per hybris: rubò il fuoco agli dèi per donarlo agli uomini, e fu per questo eternamente punito. Anche lui, come Ulisse, ha sfidato l’autorità divina per un ideale — la conoscenza, la libertà, il progresso. Entrambi pagano con la sofferenza, ma entrambi diventano simboli potenti del desiderio umano di superare i limiti . E allora ci chiediamo: è davvero un peccato desiderare di conoscere di più? Di andare oltre? Di valicare confini imposti? La risposta, come sempre, dipende dal contesto. Per i Greci antichi e per Dante, la hybris non è l’ambizione in sé, ma l’ambizione senza misura , l’orgoglio che diventa cieco, che dimentica la propria fragilità. È lì che nasce la colpa. È lì che scatta la punizione. Conclusione: i limiti dell’uomo, ieri e oggi Nel mondo contemporaneo, in cui le frontiere della scienza, della tecnologia e dell’intelligenza artificiale si espandono a ritmo vertiginoso, la lezione di Dante e della hybris è più attuale che mai . Ci ricorda che la ricerca del sapere è giusta , ma va accompagnata dalla consapevolezza etica dei suoi limiti. Che l’intelligenza è uno strumento potentissimo, ma non onnipotente. Che, a volte, fermarsi davanti alle “Colonne d’Ercole” del nostro tempo può essere un atto di saggezza, non di codardia. E allora forse, la hybris non è qualcosa da evitare a tutti i costi, ma da riconoscere, da comprendere, da gestire . Perché, come ci insegnano Dante e Ulisse, la vera tragedia non è l’ambizione, ma l’ambizione senza coscienza .
- Da Aristotele a Shining: Quando la Politicità Umana Diventa Horror
“L’uomo è per natura un animale sociale.” Questa celebre frase, formulata da Aristotele nel IV secolo a.C., ha attraversato secoli di filosofia, sociologia e antropologia per arrivare intatta fino ai nostri giorni. Il filosofo greco utilizzava il termine “πολιτικὸν ζῷον” ( zoon politikon ) per definire una verità fondamentale sull’essere umano: la sua necessità di vivere in relazione, di partecipare alla vita collettiva, di costruire comunità. In altre parole, l’uomo non è fatto per la solitudine . E se ne viene privato, smette di essere pienamente umano.
- Indiana Jones e il Vero Quadrante del Destino: Il Mistero della Macchina di Anticitera
Nel quinto e ultimo capitolo della saga di Indiana Jones , il leggendario archeologo interpretato da Harrison Ford si lancia alla ricerca di una reliquia potentissima: il Quadrante del Destino , un oggetto misterioso legato al controllo del tempo e allo spostamento tra epoche. Ma esiste davvero un artefatto simile? Naturalmente, come per la maggior parte delle storie di Indy, la risposta è: non proprio… ma qualcosa di molto simile, sì .
- Harry Potter in Greco Antico: Quando la Magia Incontra il Greco Antico
La notizia della scomparsa di Sir Michael Gambon , volto iconico di Albus Silente nella saga cinematografica di Harry Potter , ha scosso milioni di fan in tutto il mondo. L’attore, scomparso a 82 anni per complicazioni polmonari, ha lasciato un segno indelebile nella cultura pop, grazie al suo carisma e alla profondità con cui ha interpretato il preside della Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Anche noi, nel nostro piccolo, abbiamo voluto rendergli omaggio, ricordando non solo la sua figura, ma anche un aspetto meno conosciuto dell’universo potteriano: la versione di Harry Potter in greco antico . Sì, hai letto bene. Il maghetto più famoso del mondo è stato tradotto non solo in 77 lingue moderne, ma anche in lingue morte come il latino e, cosa ancor più sorprendente, il greco antico . Un’impresa editoriale straordinaria che merita di essere raccontata. “Areios Potér kai é tu Filosòfu Lithos”: la magia in stile classico Il primo capitolo della saga, Harry Potter e la Pietra Filosofale , è stato tradotto in greco antico con il titolo Areios Potér kai é tu Filosòfu Lithos . A questa edizione si affianca la versione in latino , Harrius Potter et Philosophi Lapis . Entrambe sono acquistabili online e sono diventate oggetti del desiderio per appassionati, collezionisti e studiosi di filologia classica. Ma perché tradurre una storia fantasy moderna in lingue che oggi non vengono più parlate? La risposta è affascinante: per riportare l’attenzione del pubblico giovane sulle lingue classiche , spesso considerate ostiche o inutili, ma in realtà fondamentali per comprendere le radici culturali dell’Occidente. Un progetto voluto dalla Rowling… e dai classicisti A voler fortemente queste traduzioni è stata proprio J.K. Rowling , l’autrice della saga. La scrittrice, notoriamente amante delle lingue classiche , ha più volte dichiarato di essere affascinata dal latino e dal greco antico. Non a caso, moltissime delle formule magiche , dei nomi dei personaggi e dei luoghi nell’universo di Harry Potter hanno radici etimologiche latine o greche. Pensiamo a “Expelliarmus” (dal latino: expellere arma , “disarmare”) o al nome di Draco Malfoy : “Draco” significa serpente in latino, e non a caso il personaggio appartiene alla casa Serpeverde. Anche il termine “Azkaban” , secondo alcuni studiosi, ha un suono che richiama la parola ebraica Abaddon (inferno), ma la sua costruzione fonetica è pienamente compatibile con la struttura linguistica classica. Perché il greco antico? Un legame profondo con il sapere Il greco antico non è una lingua qualsiasi: è la lingua di Omero, Platone, Aristotele , dei grandi testi filosofici, poetici e scientifici che hanno fondato la nostra civiltà. Tradurre Harry Potter in greco antico è un atto simbolico, quasi un “ponte” tra mondi lontani: da un lato, la letteratura fantasy del XXI secolo; dall’altro, la tradizione classica millenaria . La scelta del greco non è casuale neanche dal punto di vista tematico. La Pietra Filosofale è un concetto che affonda le sue radici nell’ alchimia ellenistica , e molti elementi della saga — dal basilisco al centauro, dal concetto di immortalità a quello di destino — hanno un forte legame con i miti e i simboli dell’antichità greca. Un modo originale per studiare (e amare) le lingue classiche Leggere Harry Potter in latino o greco antico non è solo un esperimento accademico, ma anche un metodo creativo per apprendere . Imparare una lingua morta attraverso un testo che si ama, che già si conosce, e che continua ad affascinare intere generazioni, è un modo efficace e coinvolgente per riavvicinare i giovani allo studio della classicità . In alcune scuole superiori e università del Nord Europa e degli Stati Uniti, questi testi sono già utilizzati come strumenti didattici alternativi . Le versioni classiche del romanzo permettono agli studenti di confrontare le strutture grammaticali e lessicali, di analizzare lo stile, ma anche di riflettere sul modo in cui la cultura moderna può convivere e dialogare con quella antica. Il fascino eterno della magia… in ogni lingua L’universo di Harry Potter ha saputo travalicare i confini geografici, culturali e ora anche temporali , parlando in lingue che hanno smesso di essere parlate da millenni, ma che continuano a vivere nei testi, nei simboli, e persino nelle formule di incantesimo. Quella del greco antico e del latino non è solo una curiosità editoriale: è una dichiarazione d’amore per il sapere classico , e per l’idea che la cultura non è mai “vecchia” , ma può essere riletta, reinterpretata e riscoperta anche nei contesti più inaspettati — come in una scuola di magia tra scope volanti, pozioni e cappelli parlanti. Un ultimo saluto a Silente In questo momento di lutto per la scomparsa di Michael Gambon, tornare a parlare di Silente — o meglio, di Albus Dumbledore , come lo chiamano in originale — attraverso la lente della conoscenza e dell’eternità dei saperi, appare quanto mai appropriato. Perché la magia non risiede solo nei sortilegi , ma anche nelle parole, nella conoscenza, nelle storie che ci aiutano a comprendere il mondo, anche quando è pieno di ombre. E allora sì, Areios Potér kai é tu Filosòfu Lithos può sembrare un titolo strano, ma è anche la dimostrazione che i mondi, quando sono ben scritti, possono essere tradotti in qualsiasi lingua, anche quella degli antichi dèi e dei grandi filosofi greci.
- Inclusione, Universalizzazione e Aristotele: Un’Antica Lezione per un Mondo Moderno
Viviamo in un’epoca in cui si parla — giustamente — sempre più spesso di inclusione , di pari opportunità , di rispetto delle differenze e del diritto di ciascun individuo a sentirsi parte integrante della società. Tuttavia, nonostante le buone intenzioni, questi concetti sembrano ancora oggi difficili da applicare. La realtà quotidiana ci restituisce spesso un quadro fatto di segregazione velata , mancata integrazione , o addirittura esclusione , sotto forme tanto sottili quanto pervasive.
- Prometeo & Oppenheimer: L’Uomo che Voleva la Luce e Creò l’Ombra
Il tempo non è lineare. Gli eventi non accadono uno dopo l’altro: si sovrappongono, si rispondono, si ripetono. Ogni scoperta è una detonazione. Ogni idea è una scintilla. E ogni scintilla… può diventare un incendio. Questa è la storia di un uomo che accese un fuoco eterno, pensando di scaldare il mondo. E invece lo lasciò bruciare.
- Supereroi, Dei e Fumetti: Quando la Mitologia Greca Entra nell’Universo Marvel
Se oggi parliamo di Thor, del suo martello Mjolnir, di Loki e di Asgard, la mente corre subito alle sale cinematografiche e alle avventure spettacolari dell’ MCU (Marvel Cinematic Universe). Da anni ormai i personaggi della mitologia norrena sono diventati veri e propri protagonisti della cultura pop mondiale, portati sul grande schermo da attori carismatici e sceneggiature da blockbuster. Ma pochi sanno che la mitologia classica non si ferma ai ghiacci del Nord Europa . Anche l’antica Grecia, con il suo pantheon di dei, eroi e semidei, è entrata a pieno titolo nell’universo Marvel, con storie altrettanto avvincenti.
- Lo Yo-Yo degli Dei: Quando l’Antica Grecia Inventava il Gioco del Futuro
Quando pensiamo all’antica Grecia, ci vengono subito in mente grandi filosofi come Socrate, Platone e Aristotele, oppure maestosi templi dedicati a divinità affascinanti come Zeus, Atena e Apollo. Ma l’eredità culturale dei Greci non si limita alla filosofia, all’architettura o al teatro. Anche il mondo del gioco, dell’infanzia e dell’intrattenimento affonda le sue radici proprio in questa straordinaria civiltà. Tra le tante invenzioni meno note — ma non per questo meno sorprendenti — vi è lo yo-yo , considerato uno dei giocattoli più antichi della storia. Un giocattolo con 2500 anni di storia Secondo fonti storiche e ritrovamenti archeologici, lo yo-yo sarebbe nato intorno al 440 a.C. in Grecia. Anche se il suo aspetto può sembrarci semplice e moderno, la sua origine è davvero affascinante. Gli esemplari rinvenuti erano composti da due dischi di legno, metallo o terracotta dipinta, uniti tra loro da un asse attorno al quale si avvolgeva una cordicella. Il concetto, in fondo, è lo stesso di oggi: si lancia lo yo-yo verso il basso tenendo il filo, e questo risale grazie al movimento rotatorio e alla tensione del filo stesso. Ma non si trattava solo di un passatempo: in molti casi, lo yo-yo era anche un oggetto decorativo o simbolico . Alcuni esemplari erano finemente dipinti con immagini degli dei dell’Olimpo , altri invece mostravano scene della vita quotidiana , rivelando abitudini, abbigliamento e attività comuni dell’epoca. Questi piccoli manufatti diventano così una preziosa fonte di conoscenza per gli archeologi e gli storici dell’arte. Non solo guerre e miti: il lato quotidiano della Grecia antica Siamo abituati a immaginare l’antica Grecia come un teatro epico di guerre leggendarie, come quelle di Troia o delle Termopili, o come il palcoscenico di gesta eroiche narrate da Omero. Tuttavia, gli oggetti come lo yo-yo ci ricordano che anche i bambini dell’antichità giocavano, ridevano, si annoiavano e cercavano svago, esattamente come accade oggi. Nelle case greche , lo yo-yo era un giocattolo molto diffuso. A volte era anche utilizzato in riti di passaggio : ad esempio, alcuni giovani greci offrivano i loro yo-yo al tempio come gesto simbolico della fine dell’infanzia. Questo elemento ci fa intuire che, pur essendo semplice nel suo utilizzo, lo yo-yo poteva avere anche una valenza culturale e rituale . Era parte di un universo domestico e sociale ricco di sfaccettature, spesso trascurato nei manuali scolastici che privilegiano battaglie e trattati filosofici. Dallo yo-yo greco a quello moderno Dopo la Grecia, lo yo-yo compare in diverse culture, tra cui quella cinese e filippina, con forme e nomi differenti. Il nome “yo-yo”, così come lo conosciamo oggi, appare solo molto più tardi, nel XIX secolo, e viene popolarizzato negli Stati Uniti negli anni ’30 grazie all’imprenditore filippino Pedro Flores, che ne commercializzò una versione moderna. Tuttavia, la forma base e il principio di funzionamento sono rimasti invariati per millenni. Un perfetto esempio di come un’idea semplice e geniale possa resistere alla prova del tempo. Il gioco come specchio della civiltà Spesso tendiamo a separare la storia “alta”, fatta di re, guerre, leggi e conquiste, dalla storia “bassa”, quella della quotidianità, della gente comune, dei piccoli oggetti. Ma è proprio da questi ultimi che possiamo scoprire aspetti inediti di un popolo. Il gioco, infatti, è uno dei primi strumenti di apprendimento, socializzazione e rappresentazione della realtà. Attraverso lo yo-yo, entriamo in contatto con un’idea affascinante: la cultura non vive solo nei templi e nei manoscritti, ma anche nei cortili dove i bambini giocavano, nei salotti domestici, nei gesti semplici . È uno sguardo umano, concreto, spesso ignorato nei racconti ufficiali, ma che ci racconta con grande vividezza la bellezza della normalità antica. E domani… i boardgames dell’antichità? Lo yo-yo, come abbiamo visto, è solo uno dei tanti giochi praticati nell’antica Grecia. Ma non era il solo. Esistevano anche giochi da tavolo, forme rudimentali di quello che oggi chiameremmo boardgames . Alcuni ricordano il gioco del filetto, altri la dama, altri ancora sembrano rompicapi matematici. Un universo ludico antico tutto da esplorare. Ma questa è un’altra storia, che magari affronteremo con qualche esperto in una futura puntata… Curiosità finale: Alcuni storici ritengono che lo yo-yo non fosse usato solo dai bambini, ma anche da adulti per esercizi di destrezza o come passatempo meditativo. Chissà se qualche filosofo greco, tra un ragionamento e l’altro, si divertiva con un piccolo yo-yo mentre rifletteva sull’essenza dell’essere?
- Il Primo Tutorial della Storia? Una Ricetta di 6000 Anni Fa (e parlava di Birra!)
Siamo abituati a pensare ai tutorial come a qualcosa di strettamente moderno: clicchiamo su YouTube per imparare a fare il pane, su TikTok per scoprire il trucco del giorno, o seguiamo istruzioni online per assemblare un mobile dell’IKEA senza perdere la testa. Ma se ti dicessimo che il primo tutorial della storia risale al IV millennio a.C. ? E no, non si trattava di montare uno sgabello né di un trucco di magia: si parlava di birra. Proprio così: una tavoletta sumera in argilla , incisa con caratteri cuneiformi, racconta passo dopo passo come preparare la birra . Non si tratta solo di un curioso reperto archeologico, ma di un vero e proprio manuale ante litteram , probabilmente destinato a chi, in quel lontanissimo passato, doveva occuparsi della produzione di questa bevanda tanto amata. Una ricetta incisa nella storia La tavoletta in questione è conservata oggi al British Museum di Londra , all’interno della sezione dedicata alla Mesopotamia. È lì, tra il celebre racconto del “Diluvio” contenuto nell’ Epopea di Gilgamesh e lo straordinario Stendardo di Ur , che questa antichissima guida alla fermentazione mostra tutta la sua importanza culturale e storica. Scritta oltre 6000 anni fa , la tavoletta non è solo un elenco di ingredienti e passaggi: è una testimonianza del fatto che l’uomo, fin dalla preistoria, ha sentito il bisogno di trasmettere conoscenze pratiche . È l’origine dell’idea stessa di tutorial: documentare un processo per condividerlo, conservarlo, tramandarlo. In fondo, non è così diverso da ciò che facciamo oggi, solo che all’epoca non c’erano i social media — ma c’era già la birra! Una passione millenaria È affascinante notare come, a distanza di millenni, la birra continui ad occupare un posto speciale nella vita quotidiana delle persone. Che si tratti di un brindisi con amici o di una birra artigianale gustata con attenzione, il legame con questa bevanda è rimasto saldo nel tempo. E tutto è cominciato proprio in Mesopotamia, in quella culla di civiltà che ha dato i natali anche alla scrittura, alla ruota e alla matematica. Ma cosa c’entra la Grecia antica con tutto questo? Anche i Greci bevevano birra (ma era molto diversa!) Avanti veloce fino al 450 a.C. . In piena età classica, troviamo Sofocle , uno dei più grandi drammaturghi della storia, autore di tragedie come Edipo Re e Antigone . In uno dei suoi scritti, Sofocle cita la birra come bevanda diffusa e fondamentale nella vita quotidiana del popolo greco. Sebbene il vino fosse senz’altro la bevanda d’elezione per i simposi e i banchetti, la birra aveva già trovato il suo spazio. Ma attenzione: non era la birra che conosciamo oggi . Non aspettatevi il gusto amaro e frizzante di una classica lager o la dolcezza tostata di una stout. La birra greca antica era un intruglio fermentato , spesso aspro o vagamente dolciastro, a seconda delle erbe e delle piante utilizzate. Questo perché il luppolo , ingrediente che oggi caratterizza il sapore della birra moderna, non era ancora stato scoperto o usato nel processo produttivo. In sostanza, si trattava di una sorta di zuppa liquida fermentata , a metà tra un rimedio fitoterapico e una bevanda energetica. Eppure, proprio come per i Sumeri, anche per i Greci la birra aveva una sua dignità culturale e sociale. Un ponte tra culture È incredibile come un semplice tutorial di 6000 anni fa possa portarci a collegare le grandi civiltà antiche: dai Sumeri ai Greci, passando per Egizi, Babilonesi e successivamente Romani. Tutti, in modi diversi, hanno prodotto, bevuto, celebrato e persino venerato questa bevanda fermentata. Il tutorial sumero è, di fatto, un simbolo dell’intelligenza pratica dell’uomo . Non solo abbiamo imparato a produrre qualcosa di utile (e gradevole), ma abbiamo anche iniziato a pensare al modo migliore per insegnarlo agli altri . È l’alba della conoscenza condivisa , l’antenato remoto dei tutorial moderni. E se ci pensi, oggi internet non fa altro che amplificare questo stesso gesto: condividere ciò che sappiamo, anche quando si tratta “solo” di una birra fatta in casa. Il tutorial sumero sulla birra non è un caso isolato. Altre tavolette cuneiformi contengono “istruzioni” per creare pane, unguenti, strumenti musicali e persino formule magiche . Segno che, fin dalle origini, l’uomo ha sempre avuto due grandi passioni: produrre cose utili e spiegare come si fanno . In sintesi: Se oggi navighiamo tra milioni di video che iniziano con “come fare per…”, ricordiamoci che tutto è iniziato con una tavoletta di argilla , incisa con cura da un artigiano mesopotamico che forse, 6000 anni fa, voleva solo assicurarsi che nessuno sbagliasse la fermentazione del cereale.

Neosellen è un network divulgativo
di Armando Di Bucchianico.
Copyright © Neosellen 2025
Ove non espressamente indicato, tutti i diritti di sfruttamento ed utilizzazione economica del materiale fotografico presente sul sito Neosellen.com sono da intendersi di proprietà dei fornitori, Getty Images e Adobe Stock.
P.I. 02434170680