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Risultati di Ricerca

101 risultati trovati con una ricerca vuota

  • Retorica di guerra: la comunicazione militare dall’Agorà alla TV di Stato

    Il potere della parola in tempo di guerra La guerra non si combatte solo con armi e carri armati. Si combatte anche con le parole. Nella guerra in Ucraina, come in tutte le guerre del passato, la comunicazione è diventata una vera e propria arma. E questo non è un fenomeno nuovo: già nell’antica Grecia, la retorica aveva un ruolo centrale nella costruzione del consenso e nella gestione dei conflitti.

  • Atene, Sparta e la NATO: : cosa ci insegna Tucidide sulla guerra in Ucraina?

    Tucidide e l’eterno ritorno della guerra Quando scoppiò la guerra in Ucraina nel 2022, molti analisti tornarono a citare Tucidide, lo storico greco del V secolo a.C. che narrò la Guerra del Peloponneso. Perché? Perché Tucidide ci ha lasciato un’analisi lucida dei conflitti tra potenze emergenti e potenze consolidate, una dinamica che sembra ripetersi nella storia. La “trappola di Tucidide”: cos’è e perché se ne parla Secondo la teoria della "trappola di Tucidide" (ripresa in tempi moderni da Graham Allison), quando una potenza emergente minaccia di sostituire una potenza dominante, la guerra diventa quasi inevitabile. Tucidide scrisse che fu “l’ascesa di Atene e la paura che ciò incusse a Sparta” a rendere la guerra inevitabile. Oggi, alcuni vedono in questa dinamica un parallelo tra l'espansione della NATO verso Est e la reazione aggressiva della Russia. Atene, la NATO e l’espansione dell’influenza Nel mondo antico, Atene espanse la sua influenza attraverso la Lega Delio-Attica, nata come alleanza difensiva contro i Persiani ma divenuta col tempo uno strumento di dominio. I contributi obbligatori, le guarnigioni e l'intervento negli affari interni alleati generarono tensioni. La Russia vede nell’allargamento della NATO una minaccia simile, con la differenza che qui non si tratta di poleis greche, ma di stati sovrani come Ucraina o Georgia. Sparta e la Russia: il ruolo delle potenze conservatrici Sparta rappresentava la potenza conservatrice, chiusa, timorosa del cambiamento. Difendeva l’equilibrio esistente contro l’espansionismo ateniese. Allo stesso modo, la Russia di Putin ha più volte giustificato le proprie azioni come difesa contro l’ingerenza occidentale. Ma come Sparta, anche Mosca ha fatto ricorso alla forza per riaffermare la propria influenza, spesso a costo di isolarsi. Il potere della paura: percezioni che generano conflitti Tucidide sottolinea un punto chiave: non solo l’espansione effettiva, ma la percezione di minaccia genera conflitto. Questo vale anche oggi. La NATO sostiene che la sua espansione è volontaria e difensiva. La Russia la interpreta come provocazione. In entrambi i casi, le narrazioni divergenti sono centrali per comprendere le dinamiche del conflitto. Tucidide ci aiuta davvero a capire? Il mondo di oggi è profondamente diverso da quello delle poleis greche. Ma alcune logiche del potere, della paura e delle alleanze rimangono costanti. Leggere la guerra in Ucraina alla luce di Tucidide non significa giustificare, ma comprendere i meccanismi profondi del conflitto. E forse ci invita anche a riconoscere quanto la storia, a volte, non insegni abbastanza.

  • Chi era "greco"? Inclusione ed esclusione nell'antichità

    Oggi, nei dibattiti su cittadinanza, migrazioni e identità nazionale, la parola "greco" evoca un popolo dalla storia antichissima e apparentemente coesa. Ma chi era veramente considerato "greco" nell'antichità? E quali meccanismi regolavano l'inclusione o l'esclusione nelle comunità greche?

  • Debiti, inflazione e default: la Grecia ha già visto tutto?

    Quando pensiamo alla crisi del debito greco del 2010, con le immagini delle proteste ad Atene, le misure di austerità imposte dalla Troika e la costante minaccia del default, raramente colleghiamo questi eventi alla Grecia antica. Eppure, scavando nella storia economica delle poleis, emergono sorprendenti somiglianze con i dilemmi economici moderni. Nell'antica Atene, il concetto di debito aveva già un ruolo centrale nella società. Nei secoli VII e VI a.C., molti contadini poveri si indebitavano con i ricchi proprietari terrieri. L'impossibilità di ripagare i debiti portava alla schiavitù per debiti, una pratica in cui il debitore (o la sua famiglia) diventava di proprietà del creditore. Questa dinamica creava tensioni sociali fortissime. La svolta arrivò con Solone, arconte ateniese, che attuò una riforma radicale nota come seisachtheia ("scuotimento dei pesi"). Solone cancellò i debiti, liberò i cittadini resi schiavi e proibì la schiavitù per debiti. Questa misura fu una sorta di "reset economico", paragonabile a un condono o a una cancellazione del debito sovrano. Solone introdusse anche riforme per ridurre le disuguaglianze: rivalutò il ruolo della proprietà fondiaria, creò nuove classi censitarie e ampliò l'accesso alle cariche pubbliche. La sua azione mostra come già allora le crisi economiche fossero percepite come problemi sistemici, da risolvere con strumenti politici oltre che economici. Un altro episodio significativo è la monetizzazione dell'economia. A partire dal VI secolo a.C., molte poleis greche iniziarono a coniare monete proprie. Questo favorì gli scambi, ma creò anche i primi problemi inflazionistici. Durante la Guerra del Peloponneso (431-404 a.C.), Atene svalutò la propria moneta per finanziare lo sforzo bellico, anticipando in parte i meccanismi delle moderne politiche monetarie espansive. Anche i concetti di "default" e "crisi finanziaria" non erano sconosciuti. Alcune città-stato greche, come le poleis della Ionia, si trovarono a non poter ripagare prestiti contratti con templi o altri stati. La mancanza di un sistema bancario centralizzato e di istituzioni di garanzia rendeva questi episodi estremamente destabilizzanti, ma non infrequenti. C'è un'altra analogia interessante: la percezione dell'economia come elemento della moralità pubblica. Nell'antica Grecia, l'arricchimento personale a scapito della comunità era spesso malvisto. La "pleonexia", cioè l'avidità senza limiti, era considerata un vizio pericoloso. Platone e Aristotele, nei loro scritti, mettevano in guardia contro un'economia disgiunta dall'etica. Così, osservando la storia economica della Grecia antica, vediamo che le società umane si sono spesso confrontate con problemi ricorrenti: disuguaglianze, indebitamento, svalutazione della moneta, crisi sociali generate dall'economia. Le risposte, allora come oggi, sono state spesso complesse e politiche, e non meramente tecniche.

  • E se Kaos avesse avuto una seconda stagione? Cosa avremmo visto nella Stagione 2 della serie Netflix

    Premessa: la cancellazione che non ci aspettavamo Il 27 aprile 2024, a meno di un anno dal lancio della prima stagione, Netflix annunciava ufficialmente che Kaos , la serie mitologica creata da Charlie Covell, non avrebbe avuto una seconda stagione . Una notizia accolta con stupore e delusione da molti fan, soprattutto perché la serie era stata concepita come una narrazione in più atti: un moderno racconto degli dèi greci, diviso tra ironia, critica sociale e simbolismo mitologico. Nonostante l’ottimo cast (Jeff Goldblum nei panni di Zeus), una visione originale del pantheon greco e un’ambientazione distopica piena di spunti, la serie non ha raggiunto i numeri sperati da Netflix, che ha deciso di non proseguire. Il risultato? Una trama rimasta in sospeso , con molte linee narrative interrotte proprio mentre cominciavano a decollare. Ma cosa sarebbe potuto accadere se Kaos avesse avuto la sua seconda stagione ? Cosa avremmo potuto scoprire sul destino degli dèi e degli umani in questo universo mitologico postmoderno? Una premessa ambiziosa: il mondo (rotto) degli dèi Per chi non ha ancora visto la serie, Kaos presenta un Olimpo in crisi: Zeus è paranoico e ossessionato da un presunto tradimento; Era è una regina trascurata e inquieta; Ade è stanco della burocrazia degli Inferi; Poseidone è diventato un magnate disilluso. Il mondo degli dèi, più che sacro, è decadente e grottesco. Nel frattempo, sulla Terra, tre giovani “prescelti” – Riddy, Caneus e Orpheus – scoprono di avere un destino intrecciato con quello degli dèi, in una narrazione che mescola mitologia greca, cultura pop e critica al potere. Tutto è in movimento: i cicli cosmici stanno cambiando, e un nuovo equilibrio sembra possibile. Ma proprio quando la serie si avvicina al cuore del conflitto – la caduta del vecchio ordine – arriva lo stop. Cosa avrebbe potuto raccontare la seconda stagione? Il crollo di Zeus: apocalisse o rinascita? La prima stagione ci lascia con un Zeus sempre più paranoico, incapace di fidarsi anche dei suoi alleati. La seconda stagione avrebbe potuto mostrare la sua definitiva caduta: un titano del potere reso fragile dalle sue stesse ossessioni. Una domanda centrale: chi avrebbe preso il suo posto? Riddy, la giovane ribelle con il marchio degli dèi, sembra la candidata perfetta per guidare una nuova era. Ma il potere si eredita o si conquista? Probabilmente, Kaos 2 avrebbe esplorato una lotta cosmica per la successione , con il rischio che il nuovo ordine somigli fin troppo al vecchio. Una riflessione amara, ma attualissima. L’umanità e il libero arbitrio Una delle tematiche più interessanti della prima stagione è il destino degli umani in un mondo ancora dominato da divinità capricciose. I protagonisti umani sono in cerca di identità, di verità, ma soprattutto di libertà. La seconda stagione avrebbe potuto sviluppare una vera ribellione umana contro gli dèi . Non una guerra in stile Marvel, ma una rivoluzione interiore: l’affermazione del libero arbitrio, la nascita di un pensiero laico e autonomo. Avremmo forse assistito alla fondazione di una “polis” umana sganciata dall’influenza divina? I nuovi dèi: da archetipi a simboli contemporanei Un’altra strada promettente era l’evoluzione degli dèi stessi. Se la prima stagione mostrava quanto fossero umani nelle loro debolezze, la seconda avrebbe potuto affrontare una metamorfosi simbolica : dèi che cambiano forma, funzione e significato in base alle trasformazioni della società. Era, ad esempio, avrebbe potuto incarnare un nuovo femminismo post-divino; Ade, stanco della morte, forse sarebbe diventato il dio della memoria o del trauma; Dioniso, solo accennato, poteva esplodere come archetipo della libertà queer e del disordine creativo. In breve, la seconda stagione avrebbe potuto trasformare il pantheon in un ecosistema fluido , specchio delle ansie e dei desideri del mondo moderno. Il ritorno dei Titani: la vera minaccia? Nella mitologia greca, gli dèi dell’Olimpo avevano soppiantato i Titani. Ma cosa sarebbe successo se questi antichi esseri fossero tornati? Kaos aveva già accennato a un passato mitico sepolto, forse pronto a riemergere. La seconda stagione avrebbe potuto introdurre una minaccia “primordiale”: forze naturali, caotiche, incompatibili con la civiltà. Un simbolismo potente per parlare dei pericoli che minacciano il mondo contemporaneo: cambiamenti climatici, disastri ecologici, crollo dei sistemi. In questa chiave, Kaos poteva diventare un racconto apocalittico e visionario, dove gli dèi sono solo l’antipasto del vero caos. Un’occasione mancata? Certo, Kaos non era perfetto. Alcuni spettatori hanno trovato la narrazione eccessivamente frammentata, i toni discontinui, i dialoghi a volte forzati. Ma la serie aveva una voce unica , capace di parlare di miti antichi con ironia e profondità, di connettere Omero a Black Mirror, Eschilo a Tarantino. La cancellazione della seconda stagione ha lasciato non solo un vuoto narrativo, ma anche una domanda sospesa: che ruolo hanno ancora gli dèi – e i miti – nel nostro immaginario collettivo? Forse Kaos non ha avuto il tempo di rispondere. Ma la sua esistenza, breve e incompleta, ci ha ricordato che il mito è ancora un linguaggio vivo, e che anche un prodotto pop può essere una forma di riflessione culturale. Il mito continua (altrove) E se Kaos avesse avuto una seconda stagione? Forse avremmo assistito alla fine del mondo. O forse all’inizio di uno nuovo. Ma anche senza sequel, la serie ha lasciato un’eredità: l’idea che gli dèi non siano mai davvero morti. Cambiano solo volto, medium, piattaforma. Oggi non parlano più dagli oracoli, ma dagli schermi. E se ascoltiamo bene, tra un algoritmo e un plot twist, possiamo ancora sentirli raccontarci chi siamo.

  • Assassin’s Creed Odyssey: quando l’open world incontra la polis

    Nel vasto panorama dei videogiochi storici, Assassin’s Creed Odyssey (Ubisoft, 2018) si distingue come una delle rappresentazioni più ambiziose e spettacolari dell’antica Grecia. Ambientato durante la Guerra del Peloponneso (V sec. a.C.), il gioco ci mette nei panni di un mercenario spartano che attraversa un mondo aperto ricco di storia, mito, paesaggi mozzafiato e… filosofi. Ma Odyssey è più di un gioco d’azione: è un’esperienza immersiva che mette in scena, con sorprendenti sfumature, la complessità politica, culturale e filosofica del mondo greco. La domanda è: può davvero un videogioco aiutarci a comprendere la polis?

  • Inception e il Mito della Caverna: quando Nolan incontrò Platone

    Quando Christopher Nolan ha realizzato Inception (2010), non ha solo costruito un thriller psicologico con effetti speciali mozzafiato: ha anche messo in scena un’idea che affascina l’umanità da millenni. Che cos’è reale? E se ciò che crediamo vero fosse solo un’illusione? Queste domande sono al centro della filosofia di Platone, e in particolare del suo mito della caverna , raccontato nel Libro VII della Repubblica . Nolan non lo cita esplicitamente, ma le somiglianze sono profonde e suggestive. Il mito della caverna in breve Platone immagina degli uomini incatenati fin dalla nascita in una caverna. Non possono girarsi, e vedono solo le ombre proiettate sul muro davanti a loro, causate da oggetti che passano dietro, illuminati da un fuoco. Quelle ombre sono la loro unica realtà. Solo uno di loro riesce a liberarsi, esce dalla caverna, e scopre la verità: il mondo fuori, illuminato dal sole (il Bene), è ben diverso dalle ombre che credevano reali. Ma quando torna nella caverna per raccontarlo, nessuno gli crede. Inception: sogni, livelli e verità In Inception , Dom Cobb (Leonardo DiCaprio) è un “ladro di sogni” che agisce nei livelli profondi dell’inconscio altrui. Ma più il film avanza, più diventa chiaro che anche lui è prigioniero: dei suoi rimpianti, dei ricordi, e forse… del sogno stesso. La “realtà” di Cobb è fragile. Come gli uomini nella caverna, anche lui vive in uno spazio deformato, dove le percezioni possono ingannare. I totem dei personaggi (come la trottola di Cobb) ricordano la difficoltà di distinguere tra ciò che è vero e ciò che è solo un’ombra. Platone, sogno e conoscenza Platone sosteneva che ciò che vediamo con i sensi è solo una copia imperfetta delle Idee, cioè delle forme pure e perfette che esistono nel mondo dell’intelletto. In Inception , i sogni sono come la realtà sensibile platonica: costruzioni instabili, influenzabili, imperfette. Solo risalendo verso il “mondo reale” (come salire fuori dalla caverna) si può accedere alla verità. Ma, come nel mito platonico, anche Nolan ci lascia il dubbio: Cobb è davvero tornato alla realtà? O è rimasto prigioniero del sogno? La trottola non cade mai del tutto. Come le ombre nella caverna, anche Inception lascia aperta la questione: cosa possiamo davvero sapere? Inception come esperienza filosofica Più che dare risposte, Inception ci fa vivere il dubbio filosofico. Come Platone, Nolan ci invita a diffidare delle apparenze, a interrogarci su ciò che riteniamo certo. L’architettura dei sogni nel film è metafora della costruzione mentale della realtà: ogni livello onirico è come un’illusione dentro un’altra. E come nel pensiero greco, anche in Inception la conoscenza vera richiede un viaggio difficile: scendere negli abissi della mente per poter risalire, più lucidi, più consapevoli. Un’eredità antica per un film moderno Il legame tra Inception e Platone dimostra come il cinema possa essere una forma di filosofia visiva . Nolan, come Platone, non si limita a raccontare una storia: costruisce un mondo dove ogni spettatore è chiamato a riflettere sul proprio rapporto con la realtà. E così, tra trottole che girano e caverne platoniche, Inception si rivela un film profondamente greco: non tanto per l’estetica, ma per lo spirito critico, per il dubbio, per la tensione tra ciò che appare e ciò che è.

  • Dazi da Trump ad Atene: il filo invisibile del protezionismo nella storia

    Con l’annuncio, nel 2024, della sua intenzione di reintrodurre una serie di dazi generalizzati del 10% su tutte le importazioni e tariffe speciali del 60% sulla Cina, il Presidente Donald Trump ha riportato al centro del dibattito globale una vecchia parola con un peso sempre attuale: protezionismo . La logica che guida questi provvedimenti è semplice e potente: proteggere l’economia interna, scoraggiare la concorrenza straniera, riportare posti di lavoro negli Stati Uniti. Ma non è una novità. I dazi — cioè le tasse applicate a merci importate o esportate — esistono da millenni, e già nelle poleis dell’Antica Grecia , soprattutto ad Atene, venivano utilizzati con finalità non troppo dissimili: controllare i flussi commerciali, sostenere le casse dello Stato, difendere gli interessi locali .

  • Tom Holland e Telemaco: il figlio che cerca il padre

    In The Odyssey , accanto alla figura maestosa e controversa di Odisseo, c’è un altro personaggio la cui storia merita attenzione: Telemaco , il figlio. La sua vicenda, spesso in ombra rispetto all’epopea paterna, è in realtà una delle prime narrazioni di crescita della letteratura occidentale: un giovane che parte per cercare il padre e finisce per diventare uomo . Con l’annuncio del film The Odyssey di Christopher Nolan, se davvero sarà Tom Holland a interpretare Telemaco, la scelta non appare affatto casuale. Holland, divenuto celebre come Spider-Man , ha già dato volto a personaggi adolescenti costretti a crescere in fretta, segnati dall’assenza di figure paterne, in bilico tra innocenza e responsabilità. In questo articolo analizziamo come i ruoli di Holland — da Peter Parker a Nathan Drake — riflettano in modo sorprendente il mito di Telemaco , e perché Nolan potrebbe aver visto in lui il volto ideale del figlio perduto . Telemaco: il viaggio prima del viaggio Nel poema omerico, Telemaco è il primo a mettersi in viaggio, prima ancora del padre . Giovane e inesperto, decide di lasciare Itaca per cercare notizie di Odisseo. Questo lo rende protagonista di una delle prime “bildungsroman” della storia: il romanzo di formazione. “Va’, Telemaco, e cercalo: perché l’uomo cresce solo cercando.” – Omero, Odissea, II.269 (rielaborazione) Il suo è un viaggio fatto di incertezze, incontri, dubbi. Da ragazzo timido e passivo, Telemaco diventa progressivamente sicuro, autonomo, capace di parlare e agire come un uomo . E proprio questa evoluzione è il cuore di molti dei ruoli di Tom Holland. Peter Parker / Spider-Man: l’adolescente eroe Il ruolo più celebre di Holland è senza dubbio quello di Peter Parker nell’Universo Marvel. Un ragazzo comune che si ritrova, all’improvviso, a dover reggere il peso del mondo . La sua trasformazione da adolescente impacciato a supereroe responsabile ricalca perfettamente il cammino di Telemaco. Peter è segnato da un’assenza paterna (la morte di zio Ben, la distanza da Tony Stark), e cerca figure adulte da seguire. Il rapporto con Stark, in particolare, ricorda quello tra Telemaco e gli anziani dell’epoca, come Nestore o Menelao: padri sostitutivi che lo guidano, ma non possono sostituire il padre vero. “Se non sei pronto a essere l’uomo, allora non meriti il costume.” – Tony Stark a Peter Parker Come Telemaco, anche Peter capisce che diventare uomo significa assumersi delle responsabilità , spesso dolorose. Non bastano i poteri: serve la scelta morale. Nathan Drake in Uncharted: il giovane avventuriero In Uncharted (2022), Holland interpreta Nathan Drake in una fase giovanile. Ancora inesperto, impulsivo, deve imparare il mestiere dell’avventuriero accanto al mentore Sully. Anche qui torna la dinamica figlio/maestro , la necessità di imparare attraverso errori, viaggi, tradimenti. Nathan è orfano, cerca un fratello, un senso di appartenenza: una ricerca familiare che riecheggia il vuoto di Telemaco , cresciuto senza padre, circondato da pretendenti ostili e da una madre che attende. “Non so da dove vengo davvero. Ma voglio scoprire chi sono.” – Nathan Drake La ricerca di identità attraverso il viaggio è centrale sia per Telemaco che per i personaggi di Holland. Cherry, Chaos Walking e oltre: l’identità fragile Holland ha anche interpretato ruoli più cupi e drammatici, come in Cherry (2021), dove dà vita a un ex soldato affetto da PTSD e tossicodipendenza, o in Chaos Walking (2021), in cui è un ragazzo in un mondo dove tutti possono sentire i pensieri altrui. In tutti questi ruoli, emerge un tratto comune: la fragilità giovanile . I personaggi di Holland sono spesso spaesati, in lotta contro se stessi, e devono imparare a navigare un mondo ostile , come Telemaco tra i pretendenti e le corti straniere. Il Telemaco di Nolan: una figura chiave? Nolan è un regista noto per le narrazioni fratturate , i rapporti padre-figlio ( Interstellar , Tenet ), e gli eroi tragici. In The Odyssey , potrebbe trovare in Telemaco non solo un personaggio secondario, ma una vera e propria chiave di lettura emotiva dell’intero poema. Con Tom Holland, Nolan ha a disposizione un interprete capace di trasmettere crescita, vulnerabilità, senso di ricerca . Potrebbe essere proprio lui a introdurci nel mondo del film, raccontando la guerra di Troia attraverso i racconti degli altri, come accade nell’Odissea. E chissà che non sia proprio Telemaco, e non Odisseo, il personaggio che cambia di più. “Non sono più un bambino, madre. Non posso aspettare che torni. Devo andarlo a cercare.” – possibile battuta di Telemaco nel film (immaginata) Telemaco oggi: perché ci parla La storia di Telemaco è più attuale che mai: parla di giovani in cerca di padri , reali o simbolici, e del bisogno di trovare una direzione nel caos. È il racconto di ogni adolescente che deve passare dall’imitazione alla scelta, dalla dipendenza alla responsabilità. Tom Holland, con il suo volto pulito, lo sguardo insicuro ma determinato, incarna perfettamente questa transizione. I suoi personaggi crescono davanti ai nostri occhi , ed è forse questo il motivo per cui il pubblico si identifica così profondamente con lui. Se Matt Damon è il perfetto Odisseo moderno — razionale, stanco, in viaggio — Tom Holland è il nostro Telemaco contemporaneo : giovane, in cerca, ancora fragile ma pronto a diventare adulto. Nel The Odyssey di Nolan, l’incontro tra questi due potrebbe essere l’emozione centrale . Un padre che ritorna cambiato. Un figlio che non è più un bambino. E, forse, entrambi si scopriranno diversi da come si ricordavano. Perché, come ci insegna l’Odissea, non si torna mai a casa davvero , se non dopo essere passati attraverso il mare del cambiamento.

  • Il Concetto di Atomo nella Grecia antica: l’intuizione invisibile che anticipò la chimica moderna

    Oggi l’atomo è il mattoncino fondamentale della materia, ben definito dalla fisica e dalla chimica. Ma questa parola, “ átomos ”, nasce molto prima della scoperta dell’elettrone o della tavola periodica: nasce nell’ Antica Grecia , come una geniale intuizione filosofica, priva di prove sperimentali, ma incredibilmente vicina a certe verità moderne. Il merito va soprattutto a Democrito di Abdera (V sec. a.C.), il “filosofo che rideva”, considerato da molti il padre dimenticato della chimica . La sua visione del mondo, insieme a quella del maestro Leucippo , ha attraversato i secoli come un’eco lontana, prima ignorata, poi riscoperta in piena età moderna. L’idea rivoluzionaria: indivisibilità e vuoto Democrito propose che tutta la realtà fosse composta da minuscole particelle indivisibili (á-tomos, “che non si può tagliare”), eternamente in movimento nel vuoto . “Nulla esiste tranne gli atomi e il vuoto. Tutto il resto è opinione.” – Democrito Questa frase, riportata da Diogene Laerzio, racchiude un’intera cosmologia. Gli atomi differivano per forma , ordine e posizione , ma non per qualità: erano tutti fatti della stessa sostanza. Così, secondo Democrito, anche l’anima, il pensiero e le emozioni erano composte di atomi sottili e mobili. In anticipo sui tempi: una chimica “senza provette” Va detto: Democrito non fece esperimenti. La sua teoria era dedotta logicamente : se dividiamo la materia all’infinito, deve esistere un limite, una particella non ulteriormente divisibile. Ma l’audacia della sua visione lo pone in una posizione unica nella storia della scienza. “La teoria atomica di Democrito è un esempio sorprendente di come la pura riflessione possa avvicinarsi alla verità.” – Bertrand Russell, “Storia della filosofia occidentale” Molte idee moderne sembrano già presenti in forma embrionale: L’ invisibilità degli atomi. La loro eterna indistruttibilità . La spiegazione dei fenomeni naturali come interazioni tra atomi. Non a caso, nel XIX secolo, John Dalton , fondatore della chimica atomica moderna, riconobbe in Democrito un precursore ideale. Il mondo senza qualità: una scienza senza sensi Un tratto distintivo della dottrina atomica greca era il rifiuto delle qualità sensibili (caldo, freddo, colore, sapore) come reali. Queste, per Democrito, erano illusioni soggettive generate dalla disposizione e dal movimento degli atomi. “Per convenzione il dolce, per convenzione l’amaro; in realtà, solo atomi e vuoto.” – Democrito Una visione radicalmente meccanicistica , lontana dalla filosofia di Platone o Aristotele, i quali credevano che le qualità sensibili fossero parte della natura stessa. È forse anche per questo che l’atomismo fu emarginato per secoli: era troppo “moderno” per il pensiero greco dominante. L’oblio dell’atomismo: da Aristotele al Medioevo Aristotele rigettò l’atomismo, sostenendo che la materia fosse continua e infinitamente divisibile. La sua teoria dei quattro elementi (fuoco, aria, acqua, terra) e delle quattro qualità (caldo, freddo, secco, umido) divenne dominante. “La natura non tollera il vuoto.” – Aristotele Con questa frase, Aristotele chiuse la porta al vuoto atomico. E poiché la sua filosofia fu adottata dal cristianesimo medievale, l’atomismo venne messo da parte per oltre mille anni. Solo grazie agli epicurei , e in particolare a Lucrezio con il suo poema De Rerum Natura , la teoria sopravvisse in forma poetica e marginale. La rinascita atomica nell’età moderna Nel XVII secolo, pensatori come Galileo , Boyle e Newton riscoprirono l’idea atomica, dando il via a una visione corpuscolare della materia. Il salto definitivo avvenne nell’Ottocento con Dalton , che formulò la prima teoria atomica scientifica basata su prove chimiche: pesi atomici, combinazioni costanti, reazioni bilanciate. Da lì, il cammino fu rapido: scoperta dell’elettrone (Thomson), modello nucleare (Rutherford), modello quantistico (Bohr), fino alla tavola periodica di Mendeleev, che diede ordine e senso al mondo atomico. Eppure, nel cuore di tutto ciò, resta viva l’idea di un pensatore greco di 2500 anni fa. Il lascito di Democrito nella chimica contemporanea Nel XX e XXI secolo, l’atomo è diventato quasi un simbolo del sapere scientifico. La chimica lo studia, lo manipola, lo rompe. Le scoperte sui legami chimici, gli orbitali, le reazioni nucleari, i materiali sintetici: tutto parte da quell’idea invisibile di unità indivisibili. “Democrito vide l’invisibile con l’occhio della mente. Noi, con i nostri microscopi, non facciamo che seguirne l’intuizione.” – Linus Pauling Democrito non conosceva i protoni o gli isotopi, ma la sua idea resiste: la materia non è continua, ma fatta di particelle discrete . Il suo atomismo era una filosofia, ma anche una premessa alla chimica moderna. Democrito non era un chimico, né uno scienziato come li intendiamo oggi. Eppure, la sua visione atomistica anticipò uno dei concetti centrali della scienza moderna. Nella Grecia antica, il pensiero filosofico era già capace di toccare – senza strumenti, ma con ragione e immaginazione – le fondamenta ultime della realtà. Il suo insegnamento è che la scienza non nasce solo nei laboratori, ma anche nelle idee audaci , capaci di sfidare il senso comune. E tra tutte le idee nate lungo le rive dell’Egeo, quella degli atomi è forse la più duratura.

  • Papa Leone XIV, il Conclave e la Chiesa: un dialogo tra tradizione e modernità

    L’elezione di Papa Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, avvenuta l’8 maggio 2025, ha segnato un momento storico per la Chiesa cattolica. Primo pontefice statunitense e con cittadinanza peruviana, Leone XIV ha scelto un nome carico di significato, richiamando Papa Leone XIII, noto per la sua enciclica Rerum Novarum sulla questione sociale.  Ma oltre ai richiami interni alla tradizione ecclesiastica, l’approccio di Leone XIV sembra riflettere un’apertura verso i valori e le riflessioni dell’antica Grecia, in particolare per quanto riguarda la giustizia sociale, il dialogo e la ricerca della verità. La scelta del nome: un ponte tra passato e presente Nel suo primo incontro con i cardinali, Leone XIV ha spiegato che la scelta del nome è un tributo a Leone XIII, che affrontò le sfide della rivoluzione industriale con un’attenzione particolare alla giustizia sociale. Allo stesso modo, Leone XIV intende affrontare le sfide contemporanee, come la rivoluzione tecnologica e l’intelligenza artificiale, con un approccio che difenda la dignità umana e il lavoro.  Questo richiamo alla giustizia sociale trova un parallelo con il pensiero greco, dove filosofi come Platone e Aristotele hanno discusso ampiamente sul concetto di giustizia e sul ruolo dell’individuo nella polis. Il dialogo come strumento di unità Leone XIV è stato descritto come un uomo “sincero” e “di dialogo”, con una forte inclinazione a costruire ponti tra le persone.  Questa attitudine richiama la tradizione socratica del dialogo come mezzo per raggiungere la verità e la comprensione reciproca. Nel suo primo discorso, il Papa ha sottolineato l’importanza del dialogo e della pace, affermando: “La pace sia con tutti voi! Aiutateci a costruire ponti”.  Un ponte tra culture: l’ellenismo e la missione universale L’ellenismo, periodo storico in cui la cultura greca si fuse con altre culture del Mediterraneo e dell’Asia, rappresenta un esempio di apertura e integrazione culturale. Allo stesso modo, Leone XIV, con la sua esperienza missionaria in Perù e la sua origine statunitense, incarna una Chiesa universale che abbraccia diverse culture e tradizioni. La sua elezione è stata accolta con entusiasmo anche dal Patriarca ecumenico Bartolomeo, leader spirituale dei cristiani ortodossi, che ha espresso la speranza che Leone XIV sia “un caro fratello e collaboratore per l’unità di tutta la famiglia cristiana e per il bene di tutta l’umanità”.  Educazione e formazione: l’importanza della conoscenza L’antica Grecia ha sempre valorizzato l’educazione e la formazione come strumenti fondamentali per la crescita dell’individuo e della società. Leone XIV, con una formazione in matematica, teologia e diritto canonico, riflette questa tradizione di valorizzazione del sapere.  La sua capacità di parlare fluentemente diverse lingue, tra cui inglese, spagnolo, italiano, francese e portoghese, e di leggere in latino e tedesco, testimonia un impegno verso la comunicazione e la comprensione interculturale.  Un papato ispirato dalla saggezza antica Papa Leone XIV sembra incarnare una visione del papato che, pur radicata nella tradizione cattolica, è aperta ai valori universali della giustizia, del dialogo e della conoscenza, tanto cari all’antica Grecia. In un mondo sempre più complesso e interconnesso, il suo approccio potrebbe rappresentare una guida ispirata dalla saggezza dei filosofi greci, adattata alle sfide del XXI secolo.

  • Matt Damon e il mito di Odisseo: un eroe moderno nel cinema di oggi

    La notizia che Christopher Nolan dirigerà The Odyssey , portando sul grande schermo una rilettura epica del poema omerico, ha acceso l’immaginazione di cinefili e classicisti. Ancora più interessante è la scelta dell’attore protagonista: Matt Damon , interprete amatissimo che nel corso della sua carriera ha già dato vita a figure complesse, combattute, in fuga o in cerca di casa. Ma è davvero un caso? Oppure c’è qualcosa in Damon che richiama profondamente l’archetipo di Odisseo ?

  • Mamme nell’Antica Grecia: tra Sparta, Atene e il mondo di oggi

    Domani è la Festa della Mamma , e quale occasione migliore per volgere uno sguardo al passato e riflettere su come è cambiata — o forse no — la figura materna nei secoli? In questo viaggio affascinante, ci addentriamo nella vita delle madri dell’antica Grecia , mettendo a confronto due mondi opposti: Sparta e Atene . Due modelli radicalmente diversi, ma entrambi parte della stessa civiltà. E in mezzo a loro, noi: le madri di oggi, divise tra responsabilità, amore, carriera e libertà. Le madri spartane: dure come l’acciaio, forti come i figli Le madri spartane sono forse tra le figure più affascinanti dell’antichità. Crescevano in una società militarista, dove il valore supremo era la forza fisica e il sacrificio per la polis. Fin da giovani, le donne spartane ricevevano un’educazione fisica e morale rigorosa. Correvano, lottavano, si allenavano quasi come i maschi. L’obiettivo? Generare figli forti, guerrieri imbattibili. Una madre spartana non cresceva il figlio per sé, ma per Sparta . Quando un bambino maschio compiva sette anni, veniva strappato alla famiglia e inserito nell’ agoghé , il durissimo addestramento militare statale. Le madri non si opponevano: lo consideravano un onore. Celebre è il detto attribuito loro: “Torna con lo scudo, o sopra di esso.” In altre parole: meglio morto da eroe che vivo da codardo. La maternità spartana era fiera, collettiva, eppure anche paradossalmente emancipata. Le donne avevano una certa libertà economica e sociale, potevano possedere terre e parlavano apertamente in pubblico, cosa rara nel mondo greco. Erano le “madri della patria” nel senso più letterale del termine. Le madri ateniesi: ombra silenziosa del focolare All’opposto troviamo le madri di Atene , la culla della democrazia — ma solo maschile. Le donne ateniesi vivevano quasi relegate negli spazi domestici. Una madre ateniese rispettabile non usciva da sola, non partecipava alla vita pubblica, non riceveva un’istruzione formale. Il suo ruolo era quello di custode della casa e madre dei figli legittimi , affinché il lignaggio paterno fosse garantito. A differenza delle spartane, le madri ateniesi vivevano molto più a stretto contatto con i figli, soprattutto nella prima infanzia. Erano loro a occuparsi dell’educazione morale, a trasmettere i valori della pietà religiosa, del rispetto e della moderazione. Tuttavia, spesso la cura quotidiana era demandata alle nutrici o alle schiave. Pur essendo centrali nella vita familiare, le madri ateniesi non avevano voce in capitolo né sulla politica, né sull’educazione superiore dei figli, né su decisioni importanti. La loro forza stava nel silenzio, nel sacrificio invisibile. Ma proprio per questo, la loro resilienza era forse ancora più potente. E oggi? Le madri contemporanee tra identità e rivoluzione E arriviamo a oggi, nel 2025, dove le madri non vivono più nella pólis greca, ma in una società globalizzata, iperconnessa, piena di sfide e contraddizioni. Le madri di oggi, a differenza delle ateniesi, hanno voce, scelta, opportunità . Possono votare, lavorare, costruire carriere, viaggiare, creare famiglie fuori dai modelli tradizionali. Ma nonostante questo, la maternità resta ancora un campo di battaglia, spesso invisibile. Come le spartane, le madri di oggi vogliono figli forti, sicuri, pronti a stare nel mondo. Ma oggi non si parla di guerre o agoghé, bensì di autonomia emotiva, educazione civica, capacità critica . E come le ateniesi, sono spesso loro le prime formatrici di valori, anche se ora lo fanno tra una call di lavoro e un compito scolastico. La maternità oggi è una rivoluzione continua : contro il senso di colpa, contro lo squilibrio nei carichi familiari, contro stereotipi che ancora sopravvivono. È una maternità che pretende ascolto, servizi, rispetto. Una maternità che può anche decidere di non essere madre , ed è comunque degna e libera. Tre epoche, una stessa forza Che sia nell’ombra del gineceo, tra le colonne di un’agorà spartana o nella frenesia di una metropoli contemporanea, la maternità ha sempre avuto un volto forte, complesso, contraddittorio . La forza delle madri greche antiche non era solo fisica o sociale: era nella capacità di reggere il peso della storia, del tempo, del futuro. Le madri di oggi portano ancora quel peso, ma con una consapevolezza nuova: che essere madre non significa rinunciare a sé, ma integrare, trasformare, reinventare . Proprio come facevano — ciascuna a modo suo — le madri di Atene e di Sparta. Buona Festa della Mamma A tutte le madri, di ogni tempo e forma: guerriere, custodi, pensatrici, amanti della libertà. Oggi celebriamo voi, le prime maestre del mondo .

  • Medea e l’infanticidio oggi: quando il mito ci parla del presente

    Nel vasto repertorio della mitologia greca, pochi personaggi sono tanto inquietanti quanto Medea. La sua storia, tramandata da Euripide nel V secolo a.C., continua a suscitare domande profonde e disturbanti: cosa spinge una madre ad uccidere i propri figli? E perché, secoli dopo, questo archetipo continua a emergere nelle cronache contemporanee?

  • Ipponatte e il Porno Contemporaneo: L’osceno come Specchio della Società

    Nel vasto panorama della letteratura greca arcaica, Ipponatte di Efeso (VII-VI sec. a.C.) si staglia come una figura provocatoria e affilata, voce ruvida e corrosiva di un mondo in trasformazione. Il suo lascito poetico, conservato in frammenti e citazioni, è intriso di oscenità, invettiva, deformazione caricaturale. Ed è proprio questo linguaggio scomposto e carnale a renderlo un inatteso precursore di una delle industrie culturali più pervasivamente diffuse del nostro tempo: il porno contemporaneo.

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